Tratto da La Gemma di Pietravairano, 1988, pp. 19-24
di P. Odorico Tempesta
La parte montagnosa di Pietravariano è coperta di querceti, olmi, faggi e d’altre piante d’alto fusto. Non mancano frange d’ortaggi e frutteti; vigneti dall’ottimo vino frizzante da tavola dal profumo di fragola, e il rosso-nero da taglio di rispettabile gradazione. La parte in pianura è formata da una grande conca, ricca di frumenti, foraggi e parchi di allevamento ovino e bovino. Appezzamenti di terreno, sparsi a zona, sono riservati alla coltura dell’olivo, che cresce bene e produce ottimo olio profumato in quantità sufficiente per la popolazione, anzi da essere esportato. Non mancano riquadri di suolo coltivato a piante di nocelline, pere, mele, dalla specialità annurca; anche il ciliegio, dal fusto gigante, è molto produttivo. Si notano piante d’agrumi. Tutta la zona, oltre ad essere sorgente di vita e di benessere, è oggetto di meraviglia per lo spettacolo che offre.
A sud della cittadina, a circa 3 km a linea d’aria, ricoperta di cipressini, pini, querce e a meno di 60 m d’altezza l.m. si eleva la collinetta su cui sorgeva la medievale borgata: S. Felice, della quale sono rimasti alcuni cimeli: da quasi disabitata, oggi è in perfetta ripresa e non mancano villette molto carine, che si distendono verso il boschetto e Pietramelara.
Sulla destra e di fronte a S. Felice Pietravairano si apre alla pianura sudata e operosa; sulla sinistra, invece, a meno di 3 km, un piccolo arcipelago di colli e collinette (già della famiglia Bruno) dai duecento ai trecento e cinquecento e più metri d’altezza, e di varia grandezza, ricoperti di fitta boscaglia, offrono una visione stupenda, come di isole sorgenti da un lago – dalle acque tinte di verde sotto un cielo azzurro – in cui veleggiano, come piccole barche, le bianche case e le tante villette disseminate qui e là.
A dare, però, al quadro la meravigliosa visione d’assieme e la sua completezza, sono le distinte catene di colline e monti, che disposte quasi simmetricamente l’una dietro l’altra, a graduali altezze, dai 700 ai 1000 e più metri d’altezza, la circondano d’ogni lato, svettanti verso il cielo purissimo di monte Miletto, richiamo di turisti di ogni parte d’Italia e d’altri Paesi, che si recano, in ogni stagione, a visitare l’incomparabile spettacolo con la stupenda Campitello (m 1429).
Nella serie delle montagne del massiccio Matese, che dominano e circondano Piedimonte, svetta Monte Muto, nel cui cuore, come perla, è incastonato l’Eremo francescano: S. Pasquale, fondato dall’apostolo della Regalità S. Berardino da Siena e reso glorioso e affascinante dalla vita di S. Giangiuseppe della Croce. Monte Muto, che potrebbe chiamarsi: “Alvernia del Matese!” senza voler diminuire o nulla togliere al sacro monte, che intra Tevere ed Arno, rivide i fulgori del Tabor e l’ebbrezza del Calvario nella mistica crocifissione di Francesco d’Assisi, il cui spirito rivisse su Monte Muto nell’immolazione intima, tutta serafica, del suo figlio fra Giangiuseppe. Di primavera, come di autunno, tutta la zona attorno a Pietravairano si riveste di luce e di colori, sfumati, evanescenti, vaporosi. La campagna circostante si adorna di fiori spontanei e si inonda di profumi difficili a definirsi: fiori di pesche e di agrumi, di cespugli e di rosmarino, di rose e garofani; di biancospini dall’acre odore intrecciati con asparagi e di pungitopo dalle rosse bacche, di mullanghere dal colore giallo-oro, mentre lungo i bordi dei sentieri campestri e sulle zone non coltivate si stendono tappeti di trifoglio e camomilla e tra le siepi fanno bella esposizione le stelline delle cicorie in fiore, qualche orchidea selvatica e steli di millefoglio con i bianchi fiori disposti a corimbo e mughetti candidi.
Sui ridossi del monte Cajevola o dall’antico nome di Catreola dalle escrescenze dolomitiche, e lungo le discese verso il piano, dal calpestio di piantine ed erba, si eleva un profumo di finocchietti selvatici, di agresti ciclamini e margheritine, di asseti, sedano selvatico e di origano piccante, nonché di una particolare salvia e di tante altre erbette e piantine di difficile denominazione, appartenenti alla numerosa famiglia della graminacee e degli asfodeli dai colori, che vanno dal bianco-giglio al rosso vivo, dal verde olivastro allo smeriglio.
Grande e indefinibile fascino di questa campagna e, in particolare di questi monti che circondano Pietravairano: distinti, lineari, intervallati, ovattati di nebbiolina bianchissima nelle prime luci dopo l’alba, in primavera, o avvolti da lingue, come di fuoco, che si vaporizzano in aloni di porpora, quando, subito dopo il tramonto, in estate e in autunno, l’astro del giorno si tuffa alle loro spalle ad occidente. Non è difficile, per uno che ama la montagna, distinguere, oltre le colline della famosa Abbazia la Ferrara (m 170) e alle spalle del Cajevola, monte Urlano (m 531), monte Fossa (m 291), monte Monaco (m 441), monte Costa (m 404), monte Fosco (m 252), i monti Celli (m 345-231), monte Madonna Pizzo Marta (m 959)… e poi monte Melito (m 865) e di fronte monte Maggiore, che si eleva fra tutti e si distingue per la peculiarità della sua formazione e per la sua vetta che s’innalza a spirale per 1037 metri.
Sia con la neve, sia senza, Pietravairano esercita un fascino tutto suo.
Spettacolo di sempre! Spettacolo che riempie di meraviglia e d’incanto le pupille e lo spirito di chi per la prima volta e di chi saltuariamente o abitualmente si reca a Pietravairano e assiste al sorgere e al reclinare del sole.