Raviscanina Ricerche Storiche,
Pro-Loco Rupecanina
1998
pp. 5-6
di Nicola Mancini
Il pendio che unisce i primi monti del Matese con la pianura del Volturno, dalla Rava di Raviscanina al vallone di S. Lucia di Alife, doveva essere solcato, in tempi molto lontani, da alcuni alvei ghiaiosi scavati dalle acque che, di tanto in tanto, scendevano impetuose dalle montagne, a seguito di qualche violento e prolungato temporale. Ognuno di questi greti biancheggianti di ciottoli veniva chiamato grava, termine che ancora oggi si ritrova a nord-ovest di Raviscanina, dove si dice Rava un ampio alveo cosparso di detriti rocciosi. Tale l’aspetto topografico in tempi molto remoti, e tale dovette trovarlo il console romano Caio Claudio Canina, quando, nel 273 a.C., combatté contro i Sanniti, lungo il Volturno, lasciando al nostro territorio il suo nome, che, unito a quello già esistente, determinò il nuovo: Grava Canina
[1]. Gli eventi dai quali ebbe origine questo nome non ci sono noti, ma potrebbero essere stati riportati nell’opera di Livio, della quale, però, sono andati perduti proprio quei libri che avrebbero dovuto informarci
[2].Oggi di Claudio Canina non ci restano che due frammenti di iscrizioni e la citazione del suo nome nelle liste consolari del Chronicon di Cassiodoro
[3]. Il primo frammento ricorda il trionfo su Lucani e Sanniti che Canina celebrò per le imprese del 273 a.C.; dall’altro apprendiamo che in quel tempo rivestiva per la seconda volta il consolato…