di Michele Giugliano
Introduzione
Sicuramente, Luigi Palmieri, a mio giudizio, è il più importante fra tutti gli uomini illustri del Medio Volturno, per la sua genialità e cultura in campo scientifico, principalmente, ma anche in filosofia. Pertanto, comincio proprio da questo scienziato, che ha tanto onorato la nostra terra.
Vita e carriera
Luigi Palmieri nacque a Faicchio (BN) il 23 aprile 1807 da Crescenzo e da Irene Severino. Morì a Napoli il 9 settembre 1896.
A 13 anni andò a studiare nel seminario di Caiazzo (CE) e, due anni dopo, in quello di Avellino. Successivamente si trasferì a Napoli, dove si laureò nel 1825 in Scienze fisiche e matematiche e, qualche anno dopo, anche in Filosofia.
Iniziò la sua attività di insegnamento in Filosofia e Fisica, probabilmente presso il Real Collegio di Avellino, o forse a Salerno o Campobasso. Intorno al 1831 tornò definitivamente a Napoli, dove nel 1833 o 1834 aprì una scuola privata prima in casa propria, poi nel palazzo dell’ex Seminario dei Nobili, in vico Nilo. La scuola, attiva fino al 1860, fu frequentata da numerosi studenti, probabilmente fino a 400 complessivi nel corso degli anni.
Fu anche docente di Fisica in scuole pubbliche napoletane come il Real Collegio di Marina, quello di Medicina e vari licei. Nel dicembre 1845 fu nominato assistente di Logica e Metafisica presso l’Università di Napoli, accanto al filosofo Galluppi, del quale divenne successore nel 1847.
Nel 1855, dopo la morte di Melloni, fu nominato Direttore dell’Osservatorio Meteorologico Vesuviano. Nel 1856 chiese la cattedra di Fisica dell’Università, rimasta vacante, ma gli fu preferito Giuliano Giordano.
Nel 1860, con l’avvento del nuovo regime, lasciò la cattedra di Logica e Metafisica (assegnata a Bertrando Spaventa) e assunse quella di Fisica Terrestre e Meteorologia, appositamente istituita per lui, con annessa direzione della Specola Meteorologica presso l’università. Nello stesso anno ottenne anche la cattedra di Fisica Terrestre e Meteorologia alla Scuola Agraria di Portici.
Alcuni storici riportano che fu anche Rettore della R. Università di Napoli e Presidente a vita della Commissione esaminatrice per la Fisica sperimentale.
Nel 1876 fu nominato Senatore del Regno (insieme al musicista Giuseppe Verdi) e, nello stesso anno, anche Consigliere comunale.
Cariche sociali
- Socio della classe di Scienze Morali e Politiche dell’Accademia Pontaniana (e Presidente per diversi anni)
- Socio e Presidente della R. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche (nominato dal Re)
- Socio, Segretario a vita e Presidente del R. Istituto d’Incoraggiamento
- Socio dell’Accademia dei Quaranta
- Socio dell’Accademia dei Lincei
- Socio e Presidente per 20 anni della Società Zoofila Napoletana
- Successore di Padre Secchi nel Consiglio Superiore di Meteorologia
Onorificenze
- Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
- Ordine della Corona d’Italia
- Cavaliere dell’Ordine della Guadalupa
- Commendatore dell’Ordine della Rosa del Brasile
- Medaglia d’oro dell’Accademia di Lisbona per l’invenzione del sismografo elettromagnetico
- Premio di mille lire da un Istituto di Boston
Sposò Angela Gigli ed ebbe cinque figli: Giuseppe, Marino, Leandro, Adelaide e Amalia.
Il personaggio
Universalmente, a Luigi Palmieri viene riconosciuta una preparazione enciclopedica, una chiara capacità di collegare la Filosofia con le Scienze e una posizione di rilievo tra gli uomini illustri del suo tempo, accanto a figure come Arcangelo Scacchi e Macedonio Melloni.
Era apprezzato anche per lo stile chiaro e diretto con cui scriveva, caratterizzato da un linguaggio semplice e accessibile, che tendeva a:
rendere facili le cose difficili e non invece rendere incomprensibili quelle facili.
Scienziato autentico, Palmieri conduceva le sue ricerche con un metodo quasi esclusivamente sperimentale. Nei suoi scritti faceva scarso uso della matematica, preferendo descrivere con precisione gli esperimenti svolti e gli strumenti utilizzati.
Durante le conversazioni e le lezioni si esprimeva in modo semplice, spesso anche in dialetto, ma era capace di improvvisare e approfondire qualunque argomento grazie a una mente rapida, una memoria fervida e una vivace immaginazione. I suoi allievi ne hanno testimoniato direttamente le qualità umane e intellettuali.
Si racconta che l’Imperatore del Brasile, Don Pedro d’Alcantara, studioso di Scienze, volle assistere a una sua lezione all’Università di Napoli. Palmieri, per nulla intimorito, improvvisò una brillante dissertazione sui movimenti dei vulcani, ricevendo alla fine un lungo applauso.
Ritratti e testimonianze
Il giornalista Hans, sul “Pungolo Parlamentare” del 21-22 settembre 1896, pubblicò un lungo articolo commemorativo dal titolo “Per la memoria di un maestro”. Alcuni estratti aiutano a delineare il ritratto umano e intellettuale di Palmieri:
E, in verità, all’indole, alle consuetudini dimesse, ai modi semplici di questo infaticato operaio della mente, si addice meglio la narrazione familiare che non la pompa di un discorso.
Era la sua una di quelle nature felici che assai di rado si incontrano in uomini come lui… uno di quegli organismi intellettuali che attingono energia dal segreto della loro medesima compagine.
Un occulto lume di nobiltà traspariva dai suoi occhi piccoli, acuti, mobili, splendenti come due schegge di onice forbito…
Sinceramente insensibile ai comuni allettamenti della vita, egli è passato silenzioso attraverso due coscienze politiche senza quasi avvedersene…
Egli, il decoroso scienziato, ha udito intorno a sé, quasi fremere, i nuovi passi della scienza… e ne ha raccolto l’eco, facendone ispirazione all’ultima ora della vita…
La morte lo ha colto non come la Inimica, ma come la Rivelatrice di un alto mistero.
…mentre contemplavo la bifida vetta del Vesuvio… evocando lui, il dinamista inquieto, cui una lieve reluttanza dinamica del cuore valse a spezzar lo stame della vita, subitamente.
Ultimi giorni e memoria
Luigi Palmieri fu uomo probo e profondamente religioso. Morì serenamente nella sua casa a Port’Alba (Napoli), in pieno possesso delle sue facoltà mentali, a causa di un catarro bronchiale. Come ricordò Iannacchino, morì:
come muore ogni buon cristiano, a guisa di lavoratore che rientra in casa dopo compiuta la sua giornata.
La città di Napoli gli ha dedicato una via (di fronte all’Università) e ha eretto un busto nel Cortile del Salvatore. Faicchio gli ha intitolato una piazza, una via e gli ha dedicato un busto conservato presso il Comune. L’Associazione Storica del Medio Volturno ha apposto una lapide sulla casa natale, in frazione Casali-Amati.
Durante il funerale, il dott. A. Giordano, Segretario generale della Società zoofila napoletana, lo ricordò con queste parole, spesso da lui ripetute:
Amare gli animali, essere con essi pietoso, vale amare gli uomini, compassionare il prossimo.
La salma fu accolta al cimitero dai figli e inumata nel Viale Monteverginella, nella zona degli uomini illustri.
In morte del sapiente L. Palmieri
Per l’occasione, Santillo scrisse un sonetto commemorativo:
Quando a Palmieri sul funèbro letto
Serpeva il gelo della morte in core,
Sofia al suo fianco in lacrimoso aspetto
Stava dolente e tinta di pallore.Tre volte l’invocò, tre strinse al petto
Mirandolo di vita all’ulti’ore;
Poi disse: pace, o mio cultor diletto,
Abbi nel grembo del celeste Amore.Forte levonne allor la Fama il grido,
Onde la Donna di Sebeto udisse,
E l’eco ripetello a stranio lido.Ma come il seppe la severa Istoria,
In auree cifre sul suo libro scrisse:
Eterna di Palmieri è la memoria!
Pensieri e parole
- «Tu prevedi quello che io prevedo: la mia prossima fine!» — disse pochi mesi prima di morire, consegnando una sua fotografia all’amico dott. Giordano.
- «I medici sono bravi a curare fino alla penultima malattia, ma l’ultima no!»
- «È sempre giovane chi lavora per la Scienza.»
Un elogio che sembra scritto per lui
Chiudiamo questa sezione con le parole che Palmieri scrisse per l’amico Giovanni Guarini, riportate dal Flores, che sembrano perfettamente adattarsi anche a lui:
Possa, o dolcissimo amico, la bella fama che ti procacciasti fra noi dimostrare per qual modo debbano i pacifici cultori della Scienza aspirare alla gloria non peritura: col retto sapere, cioè, e col vivere onesto, in che si riassume la vita che in terra vivesti, e che ti fruttò quella che ora ti godi in seno di Colui che disse all’uom, ritornami, quando di man gli uscì.
Studi di Filosofia
Luigi Palmieri si avvicina allo studio della filosofia partendo dallo spiritualismo di Galluppi, suo maestro, in netta opposizione al sensismo francese, alla filosofia hegeliana e al panteismo. Il suo pensiero si collega alla tradizione filosofica italiana e in particolare al platonismo. Dal 1841 aderì alle teorie di Vincenzo Gioberti, senza tuttavia rinnegare del tutto le posizioni precedenti.
Secondo alcuni studiosi, il suo tentativo di conciliare dottrine diverse – psicologismo, ideologismo e ontologismo – attraverso l’identificazione del “Primo Vere” con la prima idea e la prima realtà, lo condusse involontariamente a una forma di panteismo, proprio quella che intendeva rifiutare. Inoltre, cercando di opporsi al positivismo, ne finì per condividere alcune implicazioni logiche, cadendo così in un sistema contraddittorio e vicino a sincretismo ed eclettismo.
«Se è vero che il Palmieri non può essere considerato come pensatore originale, tuttavia non gli si può negare il titolo glorioso di Maestro»,
scrive Pastore.
Come lo stesso Palmieri affermava:
«Aveva dedicato tutta la sua vita alla gioventù, e che, amandola, non ebbe nessun’altra ambizione che di esserne riamato».
Problemi filosofici affrontati
Oltre alla fisica, Palmieri affrontò con serietà i principali temi della filosofia:
- Problema gnoseologico
- Problema della religione
- Problema psicologico
- Problema della nazionalità
- Problema cosmologico
- Problema pedagogico
Il problema cosmologico
In linea con i giobertiani, Palmieri aderisce alla dottrina dinamica, contrapponendola a quella meccanica. Egli individua due grandi scuole di pensiero: quella meccanica, che distingue materia e forze (Cartesio, Newton, Galilei), e quella dinamica (Leibnitz), secondo cui ogni sostanza è forza e ogni forza è sostanza.
«In natura tutto è moto ed equilibrio, e per un modo di esprimermi, tutto è vita nell’universo.»
Per Palmieri, l’atomo è una forma di energia o forza elementare. Rifiuta quindi l’idea di una materia passiva e sostiene che le forze coincidano con gli atomi stessi.
Concetti di forza e corpo
Per Palmieri:
- Forza: ciò che genera o tende a generare moto, oppure vi resiste.
- Corpo: un sistema di forze in equilibrio, soggetto a variazioni per l’intervento di altre forze.
Definisce la fisica come:
«La scienza delle forze che governano la natura inorganica.»
Non accetta l’unità delle forze, ma afferma la legge della dualità:
«Il conflitto è condizione generale di ogni fenomeno.»
Applicazioni alla fisica
Attraverso la dottrina dinamica, Palmieri tenta di reinterpretare i fondamenti della scienza moderna:
- Spiega la teoria atomica e rifiuta la concezione passiva della materia.
- Identifica gli atomi come entità indivisibili, costituite da forza.
- Rilegge le leggi della dinamica, contrapponendo visioni meccaniche e dinamiche.
- Sostiene che l’equilibrio è sempre un conflitto di forze, non assenza di movimento.
- Considera l’impenetrabilità una forza della materia stessa.
- Rifiuta l’idea di inerzia passiva: il moto deriva dal conflitto di forze.
- Interpreta la terza legge della dinamica affermando che anche la resistenza della materia è una forza.
Osservazioni critiche
Secondo alcuni studiosi, sia la dottrina meccanicistica che quella dinamica risultano eccessive: non esiste materia senza forza, ma nemmeno forza senza materia. Definire il corpo come “sistema di forze in equilibrio” è, secondo loro, un’astrazione utile ma non reale.
Il dinamismo, già sostenuto da Aristotele, porta con sé limiti noti, mentre il meccanicismo oggi è messo in crisi dagli sviluppi della meccanica quantistica.
Il problema religioso
Palmieri segue l’ontologismo di Gioberti, ammettendo l’esistenza di Dio come intuizione intellettuale e principio razionale dell’universo. Scrive:
«L’intelletto ha in se stesso l’idea primordiale dell’esistenza dell’Infinito e perché anche in questa vita fatalmente aspira al primo Vero che l’uomo crede.»
Per Palmieri, Dio è il Creatore e l’Ordinatore dell’universo, che si manifesta nei miracoli, considerati:
«Sospensioni delle leggi della natura… la Fisica vi scopre la necessità della onnipotente virtù di Colui che dettò le leggi dell’universo da Lui evocato dal nulla.»
Con Gioberti, considera la religione come sintesi razionale tra naturale e soprannaturale, con funzione pedagogica e sociale. Per lui:
- La religione è il germe della grandezza delle nazioni.
- Religione e fede sono le viscere della filosofia.
- La religione italiana è ontologista e cattolica.
Su questi punti, tuttavia, non tutti gli studiosi concordano.
Pensiero scientifico
Palmieri, come già accennato, si dichiarava non favorevole al Positivismo. Pur accettando il metodo sperimentale, rifiutava l’idea che le ipotesi scientifiche dovessero essere completamente escluse dal processo conoscitivo. Al contrario, egli assegnava grande importanza all’ipotesi nell’indagine scientifica e sosteneva che il metodo da lui seguito fosse quello galileiano, riassunto nella triade: osservare, supporre, verificare.
L’ipotesi, per Palmieri, può essere sia il risultato di una “intuizione spontanea o di divinazione dell’ingegno” – e quindi una costruzione aprioristica – sia il frutto di osservazioni empiriche della natura, quindi a posteriori. In ogni caso, solo l’esperienza può convalidare le ipotesi, intendendo con essa:
«Costringere la natura a rispondere ai quesiti che noi le proponiamo».
Rifiutava il metodo sperimentale proposto da Bacone, pur riconoscendogli il merito di aver rinnovato l’empirismo e di essere padre del Positivismo moderno. Rigettava anche il metodo deduttivo, tipico della filosofia della natura tedesca, ritenendo che gli stessi sostenitori fossero stati costretti a tornare all’induttivismo sperimentale.
Il metodo galileiano secondo Palmieri
Palmieri identificava il metodo galileiano con quello induttivo-sperimentale, ma questa interpretazione non risulta del tutto esatta. Infatti, il metodo galileiano è propriamente induttivo-deduttivo o induttivo-matematico. I due metodi sperimentali, quello di Bacone e quello di Galilei, coincidono nella ricerca qualitativa della legge fisica, ma divergono nella fase successiva.
Galilei, infatti, perseguiva anche l’elaborazione quantitativa delle leggi, esprimendole in forma matematica e deducendone le conseguenze tramite il calcolo. Bacone, invece, si limitava all’osservazione e generalizzazione qualitativa.
Ma qual era in pratica il metodo utilizzato da Palmieri?
Osservando il suo lavoro, si nota che utilizzava pochissime formule matematiche e raramente deduceva conseguenze da una legge fisica accertata. Egli accettava solo ciò che era direttamente verificabile tramite esperimento, mostrando una netta preferenza per l’esperienza rispetto alla costruzione teorica.
In definitiva, il suo metodo si avvicina più a quello baconiano che al galileiano, nonostante le dichiarazioni teoriche in senso contrario.
La posizione cosmologica
Un ulteriore aspetto del suo pensiero scientifico è rappresentato dalla sua adesione alla Dottrina dinamica in netta opposizione alla dottrina meccanica, come già discusso in precedenza.
Studi di Fisica e di Meteorologia
Palmieri si occupò di fisica dal 1840 fino alla morte, affrontando numerosi ambiti con grande rigore sperimentale. Di seguito una sintesi dei suoi principali studi.
Correnti indotte
Le prime ricerche di Palmieri e la sua prima pubblicazione (1840) riguardarono le correnti indotte dal magnetismo terrestre. Sulla scia delle teorie di Faraday e Henry, anche Palmieri costruì apparecchi per generare tali correnti e verificare i loro effetti. Nel 1840 pubblicò l’articolo “Alcune esperienze di induzione del magnetismo terrestre ed invenzione di una batteria magneto-elettro-tellurica” nella rivista Il progresso delle scienze, lettere ed arti di Napoli.
Successivamente, insieme al prof. Dante Linari Santi, migliorò gli esperimenti di Nobili e Antinori, riuscendo nel 1842 a ottenere la scossa elettrica e la scomposizione dell’acqua, e nel 1843 la scintilla elettrica. Il dispositivo fu poi perfezionato dallo stesso Palmieri e ribattezzato Apparecchio d’induzione tellurica, utile per verificare l’esistenza delle correnti indotte e i relativi effetti fisici e chimici.
Apparecchi elettrici
Palmieri costruì e utilizzò numerosi strumenti elettromagnetici, elettrostatici ed elettrodinamici. Molti di questi sono stati descritti negli Annuari:
- Apparecchio di Ampère modificato
- Apparecchio d’induzione per uso scolastico e medico
- Apparecchio d’induzione tellurica
- Macchina elettromagnetica per uso scolastico
- Telegrafo elettromagnetico
- Sismografi (fissi e portatili)
- Diagometro
- Elettrometri (bifiliare, di Peltier, di Melloni)
- Apparecchio a conduttore mobile
- Anemometri, anemografo, pluviometri, udometro
- Bussole e strumenti magnetici (declinazione, inclinazione, intensità, magnetometro unifilare)
- Bilancia di torsione di Coulomb, variometri di Lamont
Potenziale elettrico
Lo studio del potenziale elettrico fu per Palmieri tanto centrale da meritare un articolo specifico. Ecco alcune sue posizioni fondamentali:
- Natura dell’elettricità: come il calorico, non è un essere, ma un modo di essere della materia.
- Tensione voltaica: è lo sforzo che fa un corpo elettrizzato per disfarsi dell’elettricità e trasferirla ad altri corpi.
- Potenziale elettrico: due conduttori sono allo stesso potenziale quando, una volta messi in comunicazione, non si verifica più trasferimento di elettricità.
Elettricità atmosferica
Effettuò ricerche sistematiche sull’elettricità atmosferica, registrando i dati tramite elettrometro bifiliare e apparecchio a conduttore mobile. Nel 1853 enunciò una legge sul comportamento dell’elettricità atmosferica durante le piogge, scatenando una disputa con Quetelet, che ne rivendicava la priorità (1852, Belgio).
Pur difendendo la paternità della scoperta, Palmieri mostrava grande stima per Quetelet, tanto da scrivere:
«Quetelet, ch’è uno dei più esperti osservatori in questo genere, poco ha mancato che non cogliesse anch’egli la legge di sopra esposta.»
Correnti telluriche
Si dedicò fino alla fine della sua vita allo studio delle correnti telluriche, in relazione allo stato elettrico dell’atmosfera, all’attività vulcanica e ai terremoti. La sua prima pubblicazione del 1840 era già su questo tema, e anche l’ultima (1895) fu intitolata:
“Le correnti telluriche dell’Osservatorio Vesuviano osservate con fili inclinati all’orizzonte durante l’anno 1895”.
Studi di Vulcanologia e di Sismologia
Luigi Palmieri si dedicò agli studi vulcanologici e sismologici dal 1850 fino alla sua morte, affrontando con rigore scientifico fenomeni naturali di grande complessità e impatto. Il suo primo contributo significativo fu una relazione sulla regione vulcanica del Monte Vulture e sul terremoto che colpì l’area nel 1851, redatta per conto della Regia Accademia delle Scienze insieme al prof. Arcangelo Scacchi.
Negli anni successivi condusse importanti indagini su eventi sismici, tra cui il terremoto di Casamicciola del 1881 e quello dell’isola d’Ischia del 1883, quest’ultimo in collaborazione con il prof. Oglialoro. In questi studi si avvalse del suo sismografo elettromagnetico, probabilmente il primo strumento sismico a utilizzare la corrente elettrica per registrare i movimenti del suolo su una striscia di carta. Il funzionamento e le caratteristiche di questo innovativo apparecchio furono descritti negli Annuari dell’Osservatorio Vesuviano.
Il Vesuvio fu oggetto costante delle sue ricerche: Palmieri lo osservò e studiò fino agli ultimi anni della sua vita, documentando con attenzione tutte le eruzioni avvenute durante il suo periodo di attività scientifica.
Pensiero politico
In verità Palmieri non partecipò molto attivamente alla vita politica dei suoi tempi, né durante il regime borbonico né dopo, con il nuovo regime, perché troppo impegnato con i suoi studi.
Questo non significa, ovviamente, che egli non abbia maturato una sua ben precisa idea politica.
Tuttavia, come riferiscono molti storici, egli, durante il regime borbonico, non si schierò apertamente né contro e né a favore del regime stesso, come avevano fatto B. Spaventa e M. Melloni (che ne avevano subite le conseguenze).
Allora, come possiamo risalire alle sue idee politiche?
Vediamo le varie posizioni degli storici.
Dall’articolo, sopra citato, del Pungolo Parlamentare, in cui si dice:
«Egli è passato silenzioso attraverso due coscienze politiche senza quasi avvedersene…»
emergerebbe una chiara indifferenza nei confronti dei due regimi che si erano succeduti, e non certo alcun sentimento borbonico, ma neanche liberale.
Santillo sostiene che, dopo gli avvenimenti del 1848, il Palmieri sarebbe stato considerato ostile al governo borbonico, per aver espresso sentimenti liberali, e avrebbe rischiato la destituzione dalla sue cariche.
Tuttavia la destituzione non sarebbe stata eseguita dal regime,
«per non perdere un’intelligenza e crearsi un nemico aperto»
come riferisce Santillo stesso.
Ma non abbiamo molte prove di ciò, anche se la mancata assegnazione della cattedra vacante di Fisica, di cui abbiamo parlato più sopra, potrebbe già essere considerata una reazione del regime nei suoi confronti.
Ancora Santillo sostiene che Palmieri sarebbe stato molto stimato dai liberali che, secondo lui, gli affidavano con piena fiducia i loro figli e si mostravano soddisfatti delle idee che egli diffondeva fra questi durante le lezioni.
Flores con riferimento alla prolusione che Palmieri tenne alla sua prima lezione di Filosofia nell’Università di Napoli, il 13 novembre 1847, riferisce che (Palmieri)
«non aveva mostrato in precedenza (ossia prima della sua nomina alla cattedra di Filosofia) grandi tendenze a seguire i movimenti politici (liberali) e nemmeno era amico dei liberali del tempo. E perciò in quella prolusione vantò la sua devozione all’altare e all’ottimo Principe».
Effettivamente, in quella prolusione così conclude:
«Adoperiamoci a conservare nella varietà della scienza quella unità d’indole che ci distingue come italiani ne’ quali una è la fede e la favella; smettiamo quella vergognosa divozione verso gli strani, onde nasce il sentir bassamente delle cose patrie per ammirare troppo le aliene; ché solo in tal modo potremo conseguire le tre perfezioni massime dell’essere umano, il pensiere sapiente, la fede incrollabile e l’azione magnanima.
Ed io facendomi innanzi a voi banditore di queste massime credo di rendere omaggio alla verità, di corrispondere a’ voti dell’illustre defunto (Galluppi) che mi desiderava a suo successore, ed alle intenzioni dell’ottimo principe che chiamandomi a questo ufficio gli esaudiva; e da ultimo in tal modo operando mi confido di non demeritare il suffragio de’ miei concittadini, almeno del gran numero di coloro che hanno la coscienza di essere italiani e concittadini del Vico.»
Ma non bisogna credere alla apparenze.
Infatti:
- Palmieri era stato chiamato dal barone Galluppi, quale suo assistente alla cattedra di Logica e Metafisica, probabilmente nel dicembre 1845 (bibl.20). Quindi doveva avere gratitudine per il borbonico Galluppi.
- Egli per succedere al Galluppi aveva dovuto presentare una “supplica” direttamente al Re, il 15-12-1845, poiché non esistevano concorsi pubblici per accedere all’insegnamento universitario, che poteva essere affidato a chiunque fosse di gradimento del regime (si ricordi la mancata assegnazione al Palmieri, forse il più meritevole degli aspiranti, della cattedra di Fisica!).
- Oltre al Palmieri, altri studiosi avevano richiesto la medesima cattedra vacante di Filosofia, fra cui il Sac. D. Gaetano Sanseverino, autorevole rappresentante della filosofia tomistica e molto stimato in Napoli.
- Il Re, con decreto del 14-05-1847, aveva scelto proprio il Palmieri sulla cattedra del Galluppi. Vi pare verosimile che nella prolusione alle lezioni, tenuta solo pochi mesi dopo (13-11-1847), egli non esprimesse sentimenti di riconoscenza verso il Re?
Vediamo ora cosa disse Palmieri, appena caduto il regime borbonico, nel discorso tenuto nella stessa Università di Napoli il dì 16 novembre 1861, sul tema “Nuovo indirizzo da dare alle università italiche”.
Ecco alcune sue frasi:
«…la patria sciolta de’ vecchi legami, brama e vuole la coltura dell’intelletto…»
«…passato è il tempo in cui lo stato e la scienza si tenevano il broncio e si avversavano in segreto sotto le sembianze di un’amistà mensognera: il labbro a’ sapienti non è più compresso, la gioventù studiosa non è più ricinta di pastoie per allontanarla dalle scuole, non più il bargello è pronto a spacciarla, messa sotto un sindacato subdolo, clandestino ed inquisitorio di spie e di birri; lo studio infine non è più sinonimo di cospirazione, ma un dovere da compiere, un diritto di sperimentare…»
«…l’eccesso di azione governativa inceppa e diviene ostacolo ad ogni miglioramento civile…»
«Quella immediata ingerenza dunque de’ governi sulle università, prolungata oltre il bisogno, diventò nociva…»
«…i carichi e i gradi corrispondano a’ meriti e non vengano distribuiti dal capriccio, dal favore o dal caso.»
«Quando il pensiero non potea liberamente manifestarsi, i cultori delle scienze e delle lettere erano costretti a tenersi in disparte a guisa di anacoreti;… e chi sa quanti alti intelletti portarono nella tomba il frutto delle loro elucubrazioni, per non incorrere ne’ pericoli che non di rado colpirono gli scopritori del vero!»
È chiaro il riferimento al Melloni, destituito dalla carica di Direttore dell’Osservatorio vesuviano, per idee politiche.
Ed ancora: dal discorso pronunciato il dì 16 novembre 1880 all’università di Napoli, dal titolo “Uso delle ipotesi nelle scienze naturali”, qualche frase finale:
«…oggi che l’antico voto degl’italiani è appagato nel veder composta l’unità della patria con governo nazionale… abbiamo più imperioso il dovere di saper bene rappresentare la nostra individualità etnografica.»
La conclusione sembra una sola: Palmieri aveva sentimenti fortemente liberali, ma durante il regime borbonico aveva mostrato prudenza per non subire le ingiuste reazioni del regime, come era accaduto a tanti altri studiosi, tra cui il fisico e patriota Melloni.
L’opera educatrice
Palmieri fu insignito di diverse onorificenze, come già detto, ma egli non se ne serviva affatto.
Sul suo biglietto da visita c’era scritto solo nome e cognome.
L’unico titolo a cui teneva era quello di “Professore”, e non voleva che a questo ne fosse mai aggiunto un altro.
Sui suoi libri è scritto semplicemente Luigi Palmieri, oppure Prof. Luigi Palmieri, senza altri titoli, talvolta con la qualifica di socio di qualche Accademia, e nulla più.
Eppure anche gli altri suoi titoli, ossia quelli di cavaliere e di commendatore, egli aveva ottenuto per meriti propri, e non per passiva eredità, come avveniva per i titoli nobiliari.
Probabilmente egli valutava nelle persone principalmente i meriti culturali veri, cioè quelli espressi da titoli accademici o di studio personalmente meritati, mentre gli altri titoli gli dovevano apparire come inutili e vuoti di significato.
Egli si sentiva soprattutto un Docente, un Professore, e considerava l’insegnamento come una vera missione, che dura tutta la vita.
Aveva cominciato l’insegnamento in giovanissima età, addirittura mentre era ancora studente, poiché durante la permanenza nel Seminario di Avellino egli faceva il maestrino interno di Matematica, avendone in cambio l’esenzione della retta mensile, ciò che gli permise di continuare gli studi (bibl.20).
La sua scuola privata in Napoli rappresentava un riferimento importante della cultura napoletana, insieme a quella di Lettere umane di F. De Sanctis, quella di Scienze giuridiche di R. Savarese e quella del suo rivale B. Spaventa.
La filosofia in Napoli era rappresentata da Galluppi e quindi dal suo discepolo Palmieri, da Colecchi (seguace di Kant), da Cusani (di tendenza hegeliana), da Gaetano Sanseverino (sostenitore della filosofia tomistica) e dall’hegeliano B. Spaventa.
Il nostro Prof. Palmieri, assai predisposto per l’insegnamento, era seguito con ammirazione, affetto e perfino con fanatismo dai suoi numerosi allievi (della sua scuola privata), ispirando in essi grande fiducia, sentimenti di amicizia, mentre insegnava con parola facile e scorrevole, tanto che nella scuola avversaria di Spaventa si diceva che
«egli parlasse prima di pensare a quello che doveva dire».
Furono suoi allievi importanti personaggi, quali: Ruggero Bonghi, Nicola Amore, Mariano Semmola, Arcangelo Palmentieri (che poi divenne francescano col nome di P. Ludovico da Casoria).
Nel sostenere l’italianità della Filosofia e delle Scienze, egli sostenne anche la purezza del linguaggio, affermando:
«Italiani, vi esorto allo studio della vostra lingua».
Ma egli sostenne addirittura l’italianità di tutti gli studi.
A tal proposito scrisse:
«Io veggo con rammarico che noi traduciamo troppo ed imitiamo troppo, senza pensare che se traduciamo sempre, non saremo mai tradotti, ed imitando sempre, non saremo mai imitati».
Ed aggiunse:
«Io dunque conchiudo esortando i giovani cultori di scienze naturali a non dipartirsi dal metodo ipotetico sperimentativo insegnato da Galilei, d’ispirarsi sulle opere dei nostri maggiori, e di accrescere con lo studio e con la fatica il patrimonio del nostro sapere, se amano da vero la gloria e la grandezza d’Italia».
La sua opera educatrice si può riassumere con le seguenti affermazioni:
«Se la gioventù troverà in noi (Docenti) soda pietà, ampiezza di mente, forza di animo, direttura di giudizio, profondità di dottrina, gravità di costumi ed assennatezza civile, sarà docile alla nostra parola e verrà educata col nostro esempio. E se noi daremo all’Italia una generazione colta, educata e ricca di tutte le virtù che formano il perfetto cittadino, le sorti della patria potranno essere assicurate».
L’osservanza di questo insegnamento fu una caratteristica costante di tutta la sua vita.
Egli si recava a scuola sempre ad una data ora, anche con cattivo tempo, anche in età avanzata, anche quando era in cattive condizioni di salute; non mancò mai ad una lezione.
«Fu l’esempio vivente di ogni suo dovere», per tutta la vita.
Solea incitare a continuare, dopo la sua morte, le ricerche da lui eseguite per tanti anni.
In una conferenza pubblica (l’ultima della sua vita) disse:
«Tocca a voi, o giovani, continuare quelle indagini sulla cui via vi ha messo».
Pubblicazioni
Palmieri lasciò moltissime pubblicazioni, sia per le scuole che per le accademie.
Il Flores ne presenta un elenco, forse anche incompleto (che non riporto per mancanza di spazio), di ben 254 pubblicazioni.
Però è da osservare che spesso si tratta di articoli per riviste o di relazioni, anche di poche pagine, per conto di accademie, ripetute più volte, o tradotte in altre lingue, o di nuove edizioni, oppure anche di conferenze e di necrologi.
Questo andava precisato, per evidenti motivi di chiarezza.
In effetti, tutta la sua attività scientifica è praticamente contenuta nei suoi trattati di Fisica, di Meteorologia, di Fisica terrestre e negli Annali dell’Osservatorio; mentre i suoi lavori di Filosofia possono costituire un altro buon libro.
Resta, beninteso, una sua immensa ed aggiornata preparazione in molti campi delle scienze.
Tra le pubblicazioni voglio ricordare le più importanti.
A) In campo scientifico
Riporto solo quelle fondamentali.
- Lezioni elementari di Fisica sperimentale e di Meteorologia; Napoli, 1852;
- Nuove lezioni di Fisica sperimentale e di Fisica terrestre; Napoli, 1883;
- Il Vesuvio e la sua storia; Milano, 1880;
- Nuovo apparecchio d’induzione tellurica, Napoli, 1845;
- Elettricità atmosferica, Napoli, 1853;
- La dottrina positiva dell’elettricità atmosferica, Napoli, 1892;
- Il monte Vulture e il tremuoto ivi avvenuto il 14 agosto 1851 (in collab. con Scacchi e Guarini), Napoli, 1852;
- Della riga dell’helium apparsa in una recente sublimazione vesuviana, Napoli, 1881.
- Del peso specifico delle lave vesuviane nel più perfetto stato di fusione; R.A.S.F.M. (Rendiconti della R. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli), Napoli, 1875;
- Sul terremoto di Casamicciola, R.A.S.F.M., Napoli, 1881;
- Annali dell’Osservatorio Vesuviano, Prima serie: anni 1859, 1862, 1865, 1870; Seconda serie: anno 1873.
B) In campo filosofico
Riporto titoli e contenuto, in modo molto sintetico (bibl.20).
- Questioni di Frenologia. Si tratta di tre articoli pubblicati nella rivista “La Scienza e la Fede”, negli anni 1841, 1842, 1843, rispettivamente.
In essi egli difende lo spiritualismo galluppiano dai materialisti frenologi dell’epoca, sostenendo che anche se la Frenologia arrivasse al grado di scienza, non potrebbe nulla contro lo spiritualismo, perché non potrebbe “rendere ragione dell’unità sintetica del pensiero” senza ammettere “l’unità metafisica del me”; né potrebbe distruggere la libertà umana perché essa è un fatto di coscienza. - Cinque lettere inedite di L. Palmieri a V. Gioberti (dal 1842 al 1848); pubblicate dalla Rivista Samnium di Benevento, 1933, a cura di E. Di Carlo.
In queste chiede a Gioberti alcuni chiarimenti sulla sua formula ideale e propone alcune modifiche alla teoria della percezione di Galluppi. - Saggi di Scienze, Lettere ed Arti dati dal Seminario di Avellino; pubblicati nella rivista “La Scienza e la Fede”, nel 1842.
Fa l’elogio del sacerdozio cattolico. - Considerazioni sopra un miracolo narrato nel libro dei Giudei (Cap. 6°, versi 36-40); nella rivista “La Scienza e la Fede”, del 1844.
Conferma, con considerazioni scientifiche, il miracolo, asserendo che i miracoli sono la testimonianza della verità della rivelazione, e che la Fisica non deve cercare in essi cause naturali, ma la volontà divina. - Recensione sulle Istitutiones Logicae et Metaphisicae del P. Liberatore; nella rivista “La Scienza e la Fede” del 1844;
Fa l’elogio di P. Liberatore, autore di un trattato di filosofia. - Lezioni intorno alla filosofia della morale e del diritto; Napoli, Puzziello, 1845.
- Relazione sulle cinque Memorie di Gaspare Capone sulla filosofia del senso comune; nella rivista “Lucifero”, n. 8 del 1845.
Critica certe affermazioni del Capone, specialmente quelle riguardanti Platone, che veniva accomunato a filosofi stranieri, sulla dottrina delle idee. - Due questioni filosofiche esposte per rispondere a due chiarissimi scrittori contemporanei; Ed. Filiatre, Napoli, 1846.
Poiché Capone aveva risposto in modo polemico al precedente articolo, allora Palmieri ribadisce la sua posizione asserendo, tra l’altro, che la dottrina delle idee di Platone non ha nulla in comune con quella di filosofi stranieri, come Locke. - Elogio storico del barone Pasquale Galluppi; Ed. Filiatre, Napoli, 1847.
Illustra il pensiero del Maestro, in occasione della sua morte.
Asserisce, tra l’altro, che Galluppi si sarebbe sempre opposto al Panteismo, avrebbe accettato l’imperativo categorico di Kant e sarebbe stato filosofo cristiano.
Su questi punti c’è polemica (bibl.20).
Bibliografia
- PALMIERI Luigi: Nuove lezioni di Fisica sperimentale e di Fisica terrestre; Napoli, Giovanni Jovene libraio-editore, 1883.
- PALMIERI Luigi: Lezioni elementari di Fisica sperimentale e di Meteorologia; Stabilimento tipografico di Gaetano Nobili, Napoli, 1852.
- PALMIERI Luigi: Il Vesuvio e la sua storia; Tipografia Faverio, Milano, 1880.
- GIUGLIANO Michele: L’elettricità atmosferica negli studi di Luigi Palmieri; in Annuario 1981 dell’A.S.M.V.; Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese, 1982.
- GIUGLIANO Michele: Luigi Palmieri e i suoi apparecchi elettrici nella storia delle Scienze; in Annuario 1983 dell’A.S.M.V.; Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese.
- GIUGLIANO Michele: Luigi Palmieri e il Potenziale elettrico nella storia delle Scienze; in Annuario 1986 dell’A.S.M.V.; Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese, 1987.
- GIUGLIANO Michele: I fenomeni termici negli studi di Luigi Palmieri; in Annuario 1993 dell’A.S.M.V.; Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese, 1994.
- GIUGLIANO Michele: Il Magnetismo Terrestre negli Studi di Luigi Palmieri; in Annuario 1997 dell’A.S.M.V.; Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese, 1998.
- GIUGLIANO Michele: L’Osservatorio di Monte Muto; in Almanacco del Medio Volturno 1981; Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese, 1981.
- GIUGLIANO Michele: L’astronomia di Nicola Mezzala; in Annuario 1979 dell’A.S.M.V.; Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese.
- GIUGLIANO Michele: Luigi Palmieri, Geofisico del Medio Volturno; in Annuario 1998 dell’A.S.M.V.; Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese, 1999.
- GIUGLIANO Michele: Il Vesuvio negli studi di Luigi Palmieri; in Annuario 1999 dell’A.S.M.V.; Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese, 2000.
- POUILLET: Elementi di Fisica sperimentale e di Meteorologia; traduzione di G. Fazzini; M. Avallone tipografo, Napoli, 1839.
- PINTO Luigi: Trattato elementare di Fisica, Napoli, 1889.
- PRIVAT-DESCHANNEL & J. PICHOT: Trattato elementare di Fisica, tradotto dal dott. A.A. Pozzi; Milano, Fratelli Dumolard, 1897.
- DESBEAUX Emilio: Fisica moderna, traduzione di Americo Zambelli; Casa editrice Sonzogno, Milano, 1890(?).
- IMBÒ Giuseppe: Appunti delle lezioni di Fisica terrestre; Liguori editore, Napoli, 1962.
- CASTELFRANCHI Gaetano: Fisica sperimentale e applicata; Editore Ulrico Hoepli, Milano, 1955.
- PERUCCA Eligio: Fisica generale e sperimentale; Unione Tipografica Editrice Torinese, 1960.
- IMBÒ Giuseppe: L’Osservatorio Vesuviano e la sua attività nel primo secolo di vita; in Annali dell’Osservatorio Vesuviano; quinta serie, Napoli, Stabilimento Tipografico G. Genovese, 1949.
- LUVINI Giovanni: Fisica elementare; Tipografia Arnaldi, Torino, 1868.
- PASTORE Gabriele: L’attività filosofica di Luigi Palmieri; Cerreto Sannita, 1942.
- FLORES Eduardo: Luigi Palmieri; Tipografia editrice A. Miccolli, Napoli, 1932.
- RUSSO Rosa Natalia e VELLA Aldo: Il Vesuvio; Tascabili economici Newton.
- LUONGO Giuseppe: L’Osservatorio Vesuviano nella storia della vulcanologia; Osservatorio Vesuviano, Ercolano.