in “Atti dell’VIII incontro culturale Alife tra storia e moneta -Alife, 25 aprile 1998- ”, Cassino 1998, pp. 5-9
Non si conosce il nome delle prime popolazioni che abitarono il “Territorio alifano”. La memoria storica, servendosi di fonti letterarie, suppone solo che, nell’XI secolo a.C. le montagne appenniniche del Matese erano abitate, dagli Opikoi (corrispondente al romano Osci), « venuti a conoscenza di Romani soltanto nella prima metà del IV sec. a.C., quando, dalle zone montane del Sannio, … si mossero per discendere in Campania, rasentando i confini del Lazio e cambiando totalmente il quadro della Campania del tempo » [1].
Per lo storico Giuseppe Galasso, però, non nel IV, ma nel V secolo a.C. « la gente sannita, staccatasi dal ceppo umbro-sabellico a cui apparteneva e, occupato il Matese (Tifernus), ne fece il centro di una barriera difensiva costituita dalle quattro città da essa fondate e poste ai quattro aditi del massiccio: Boviano, Isernia, Alife e Telese » [2].
Quando, nel 326 a.C., i Romani iniziarono la seconda guerra contro i Sanniti, Tito Livio (59 a.C – 17 d.C.) ci ricorda che per penetrare nel Sannio Caudino furono occupate dai primi: « Alliphae, Calliphae, Rufrium e il resto del territorio al primo arrivo dei consoli fu devastato in lungo e in largo » [3], e che, nel 310 a.C., il « console Caio Marcio Rutilio, prese d’assalto i Sanniti, con cui si era scontrato presso la città di Alife » [4], nel momento in cui il loro vecchio capo, Erennio Ponzio, si era recato nell’accampamento alifano [5], e che, infine, risultati « contro l’esercito dei Sanniti, con cui si era scontrato presso la città di Alife » [6], finalmente lo vinse e lo fece passare sotto il “giogo”.
Le successive battaglie tra Romani e Sanniti si svolsero lontano dal « territorio alifano ». Solo nel 290 a.C. si raggiunse la pace.
I Sanniti rimasero indipendenti, ma legati ai Romani da un “foedus”, in un’alleanza vincolante. I Romani per controllare meglio i Sanniti, vinti ma non domati, inviarono del “territorio alifano” coloni.
Così anche il Medio-Volturno, dopo essere stato colonizzato, assunse le caratteristiche tipiche del paesaggio agrario romano.
Strabone, che visse tra il 64/63 a.C. e il 23/24 d.C., nella sua “Geografia” parlando dell’antica via Latina, riferisce: « Poi ci sono alcune altre località, fra cui Venafrum, da dove proviene l’olio migliore… Aesernia ed Alliphae sono città che un tempo furono sannite: la prima è stata distrutta nella guerra contro i Marsi, la seconda esiste ancora » [10].
Da questa testimonianza, che sottolinea anche la trasformazione di famose città sannite in semplici villaggi come « Bovianum, Aesernia, Telesia vicina a Venafrum » [11], si può comprendere facilmente come, con l’inizio dell’era cristiana, il paesaggio alifano, solcato dalle acque del fiume Volturno ed attraversato da una diramazione della via Latina, che allora collegava Venafrum a Beneventum, rimaneva fiorente e ben organizzato, come del resto notano altri scrittori romani del periodo (Cicerone, Frontino, Plinio il vecchio).
Da Strabone in poi, più che a testimonianze letterarie, ci si può riferire solo ad indagini archeologiche che ci indicano come, a partire dal III secolo d. C., incominci, come in tutti i territori romani d’occidente, anche per Alliphae una graduale, lenta, ma inarrestabile decadenza.
Note
- [1] G. G. Buti – G. Devoto, Preistoria e Storia delle regioni d’Italia, Sansoni Università, Firenze, 1974, pp. 123-124. ↩
- [2] G. Galasso, Storicità delle strutture regionali, in AA. VV. “Storia della Campania”, Napoli 1978, I, p. 6. ↩
- [3] Tito Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, vol. IV, B.U.R. (libri VIII.-X), note di Claudio Monschini, Milano 1982, p. 73. ↩
- [4] Tito Livio, op. cit., libro IX, cap. 38, p. 221. ↩
- [5] Cicerone nel suo “De Senectute” volendo dimostrare che “dove domina la passione non c’è posto per la temperanza e nel regno di piacere non può certo esistere la virtù”, riferisce di un confronto su questo argomento tra Archito Nearco di Taranto e il “sannita Caio Ponzio, padre di colui che sconfisse i consoli Spurio Postumio e Tito Veturio nella battaglia di Caudio” e “avrebbe assistito alla conversazione l’ateniese Platone che, come mi risulta -egli scrive- si è recato a Taranto all’epoca del consolato di Lucio Camillo e Appio Claudio” – Cicerone, La Vecchiaia – L’Amicizia, a cura di N. Marini, con saggio di G. Petrone, Garzanti Editore, Milano 1990, p. 31. ↩
- [6]